Castello Poggio Diana

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MISILCASSIM
seu Castello di Poggio Diana
Ribera ~ Caltabellotta
(La storia ~ di Raimondo Lentini)
Il territorio che oggi appartiene a Ribera era un tempo, in massima parte, compreso in quello di Caltabellotta e come del resto tutta la Sicilia è stato sempre abitato, dalla preistoria fino ad oggi. Tracce di insediamenti si trovano addirittura anche dentro lo stesso comune. Infatti nella zona sud del paese si sono trovati reperti di epoca bizantina e siccome a questi successero gli arabi anche il nome del nostro territorio venne chiamato da questi "Misilcassim" che significa «Manazil”, plurale di Manzil che potrebbe stare per “luogo dove si smonta da cavallo”, e perciò “stazione” o per Misil, casale, e Cassim, probabilmente per il nome del primo proprietario di quel territorio, Ibn ‘al Qâsim, o più verosimilmente per la morfologia del terreno. Infatti Qassim potrebbe anche significare “dividere, spartire”, quindi “casale-feudo compreso o diviso (tra due fiumi).


Questo denota che il territorio possedeva abitazioni.
Anche il famoso geografo Edrisi descrivendo il nostro territorio dice:
«Caltabellotta è valido castello e torreggiante fortalizio [costruito sopra] alta vetta, [in sito] scosceso; ma gli appartengono eletti e ubertosi campi e belle e ricche massarie, [che producono] diverse specie di frutta rarissime; ed ha sorgenti e fiumi con molti molini.»
Da queste descrizioni si può dedurre, dunque, che il nostro territorio era caratterizzato da terreni fertilissimi (come del resto lo è tutt’oggi), costellato da agglomerati rurali, uno dei quali era proprio il nostro casale di Misilcassim.


Nel periodo storico successivo e particolarmente dopo la riconquista della Sicilia alla cristianità molti toponimi rimasero gli stessi di prima e così anche Misilcassim e la documentazione pervenutaci è più prodiga di particolari, infatti da un atto del 3 agosto 1332, quando Scaloro degli Uberti, fiorentino abitante in Sicilia, percepisce i proventi di quell’anno ed in questo documento ritroviamo che il casale era provvisto di un Baiulo, che era il massimo responsabile dell’amministrazione civica, e di almeno cento abitanti del casale di Misilcassim, dandoci così la certezza dell’effettiva esistenza del centro abitato.
Nel ‘400 i piccoli casali cominciarono a perdere l’autonomia amministrativa e scomparvero, o meglio vennero semplicemente chiamati masserie o bagli, mentre i loro abitanti furono censiti nei paesi più vicini, oppure andarono a popolare i nuovi centri fondati dai feudatari tramite regolare autorizzazione regia e secondo i piani degli spagnoli. Questi nuovi borghi sorsero con nuovi nomi che denotarono le mutate condizioni della campagna e dei loro possessori. Mentre alcuni casali, fortificati o meno, si ingrandirono fino a diventare veri e propri centri.


Per quanto riguarda Misilcassim abbiamo ragione di credere che si trovava nel feudo di Stampaci dove si hanno notizie di un consistente vigneto con case fin dalla metà del 500.
Analizzando un documento del 1592, cioè alla morte di Giovanni Luna, vi leggiamo che a Stampaci vi erano dei “domibus” dove si trovavano utensili ed oggetti rurali. Abbiamo motivo di pensare che queste case si trovassero nell’attuale cortile Genova e un torrione con un magazzino poi trasformato a chiesa nell’attuale piazza S. Antonino.


Il 9 giugno 1627 Luigi Guglielmo Moncada, che in quella data aveva appena 13 anni, si investiva della contea di Caltabellotta e della Baronia di Misilcassim.
Luigi Guglielmo sposava nel 1629, in prime nozze, Maria Afan de Ribera e Mora figlia di Ferdinando, duca di Alcalà Viceré di Sicilia e in seconde nozze sposava Caterina Moncada e Di Castro, figlia del Marchese di Aitona.


Era ventunenne quando gli veniva conferita dal Sovrano la carica di Presidente del Regno, che teneva dal 1635 al 1638 succedendo al suocero che era stato nominato Governatore di Milano. Veniva, in seguito, nominato Viceré in Sardegna nel 1647 e poi Viceré di Valenza nel 1657. Nel 1660 restava vedovo e nel concistoro del 7 marzo 1667 veniva creato, dal Pontefice Alessandro VII, Cardinale di Santa Romana Chiesa; non partecipava a nessun conclave e moriva a Madrid il 4 Maggio del 1672. Fu sepolto nella tomba del duca di Alcalà nel convento dei Cappuccini di San Antonio, Madrid. Le sue spoglie furono trasferite nel 1674, secondo la sua volontà, nella chiesa di S. Domenico Maggiore a Napoli, tomba dei suoi avi, sovrani aragonesi di quel regno.


Il Moncada, come tutti i grandi feudatari del tempo, non era e non poteva essere interessato agli avvenimenti locali delle proprie terre come potrebbe pensarsi. Oppresso da difficoltà economiche crescenti, era costretto a cedere l’amministrazione del proprio patrimonio alla Deputazione degli Stati, un organismo creato per curare i grossi patrimoni feudali in passivo. Infatti il Moncada, impegnato come era al servizio della Spagna e lontano dall’Isola, aveva finito col disinteressarsi delle terre di cui era signore, e per questo motivo era costretto ad affittare tutti i suoi “Stati”, ossia le città ed i feudi ad esse circostanti.
La nascita di Ribera non si inserisce, comunque, nel piano degli spagnoli che incentivavano i baroni a ripopolare i vasti feudi, ma a dei problemi che il Moncada ebbe con i caltabellottesi.
Infatti Ribera veniva fondata oltre che per le esigenze dei coloni che coltivavano il vigneto esistente nel feudo, anche per far fronte alle proteste degli abitanti di Caltabellotta i quali si lamentavano per le troppe tasse che pagavano. Questi versavano le gabelle per 8.000 abitanti, mentre, secondo la numerazione delle anime fatta dall’arciprete Giandalia, risultavano essere, in quel periodo, solo 3.500. Questo significava che molti abitanti avevano abbandonato Caltabellotta per andare ad abitare i nuovi centri dove i feudatari concedevano case e terre a censo, sgravi fiscali, nuova personalità giuridica e, quello che contava di più, l’esonero dai debiti contratti nei paesi di provenienza.


In quegli anni erano sorti nella zona: Villafranca nel 1499, Calamonaci nel 1574 e 1608, Montallegro nel 1574, Cattolica nel 1610, Lucca nel 1621, S. Anna nel 1622, S. Carlo nel 1628, ecc., mentre antiche città come Caltabellotta, Sciacca, Bisacquino, Chiusa, Palazzo Adriano, Burgio, andavano spopolandosi.
Dunque il Principe per controbilanciare questo processo di spopolamento nella contea di Caltabellotta, decideva di fondare a valle un nuovo centro per dare possibilità ai suoi abitanti di coltivare meglio i terreni più pianeggianti, senza peraltro perderli.


Quindi possiamo affermare, senza ombra di dubbio, che sotto Luigi Guglielmo Moncada veniva fondata Ribera nella preesistente masseria che vi era nel feudo chiamato nella seconda metà del 500 “Vigna di Stampaci”.


Da una documento notarile con cui di quel periodo risulta inoltre che prima della nascita di Ribera i censi della Piana di Stampaci venivano pagati da sole cinque persone: Giacomo di Campo, Antonino di Benedetto, Nicola di Marta, Vito Quartararo e Giovanni Montalbano tutte di Caltabellotta. Mentre negli anni successivi aumentarono per la nascita del comune e vi si aggiunsero altre persone non solo di Caltabellotta, ma di molti altri paesi limitrofi.


Ma il problema che hanno avuto gli storici del passato riguarda la data di fondazione, visto che non esiste nessuna “licentia populandi”.
Alcuni hanno sostenuto che venne edificata nel 1627, altri nel 1628, altri nel 1633, altri ancora nel 1635.
Ma allora qual’è la vera data della fondazione di Ribera?
Alla luce di documenti notarili da me ritrovati nel 1985, possiamo affermare che la costruzione vera e propria della città di Ribera aveva inizio il 29 marzo 1635, in virtù di un atto con cui il Principe di Paternò nominava secreto Giovanni Antonio Spataro, di Caltabellotta, e dove ordinava allo stesso di concedere a censo parte del territorio del feudo di Piana Stampaci. E con altri atti successivi che hanno inizio il 7 aprile 1635 nei quali leggiamo che il Principe intendeva in detta Piana costruire “unam terram” cioè un centro abitato, come si diceva allora.


Die VII aprilis 3ª Ind. 1635
Notum facimus et testamur quod Joannis Antonius Spadari terre Calatabellocte ... concessit et concedit Vincentius Catanzaro ... petium terrarum vocatum della Rindina in Plana Stampacis …
Et quia dittus Excell.mus Princeps intindit in ditta plana Stampaci construere unam terram ideo dittus emphiteuta teneatur … Princips conficere voluisset terram predettam fabricare unam domum ad eius expensas in ditta terra noviter fabricanda in ditto Plano Stampacis…
La mancanza di “Licentia populandi” o “Jus ædificandi”, la quale non risulta nei documenti viceregi, è giustificabile sicuramente dal massimo grado politico siciliano ricoperto dal Principe e prima ancora dal suocero e gli veniva imposto il nome di “Ribera di Moncada”.
In realtà non abbiamo nessun documento dove possiamo evincere il giorno esatto in cui è stato imposto il nome di Ribera, ma convenzionalmente abbiamo scelto il 25 febbraio 1636 poiché in atti precedenti questo giorno non abbiamo trovato tracce di questo nome.
Analizziamo i documenti:
- 11 novembre 1635 Giovani Antonio Spadaro concede in enfiteusi del terreno a certo Giacomo Campo sito in “territorio preditte terre Caltabellocte et in Plana Stampacis”, dunque in questa data Piana Stampaci è ancora in territorio di Caltabellotta;
- 15 gennaio 1636 “arrendamento”, cioè affitto, di Ribera e Caltabellotta all’abate Antonino Castiglione; il nuovo centro viene chiamato “terretoreum la piana di stampaci” e non c’è traccia del nome Ribera;
- 25 febbraio 1636 Giovani Antonio Spadaro concede in enfiteusi del terreno a certo Antonino Grisafi “in Plana Stampacis ... extra terretoreum huius predicte terre Caltabellotta ac terre Ribere de Moncada...”, quindi Ribera e Piana Stampaci fanno da questa data, o almeno tra il 15 gennaio ed il 25 febbraio, territorio a sé e nome nuovo.

Così un’altra donna, Maria Afan de Ribera, dopo le famose Diana Moncada e Diana de Luna per il castello, ha legato il suo nome alla nostra terra.
(Raimondo Lentini, storico)

                   

                   

                   

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