Storia di Caltabellotta

Uno dei luoghi più antichi di Sicilia!



Non c'è popolo che occupando la Sicilia, non è passato dal territorio dell' attuale Caltabellotta.

 È adagiata sulla parte meridionale e centrale della cresta montagnosa che comprende:

 Monte Nira, Chimìno, Kristarèdda, Monte Gulèa, Monte Kòllega, Pizzo Kràtas, Monte Gogàla, Vitadda, Rocca di Vozzu, Krista.

 Questa cresta montagnosa che lambisce quasi il Mare Mediterraneo,

è il lembo occidentale dei Monti Sicani. La posizione di Caltabellotta, straordinariamente fortificata,

 ha sempre permesso di essere scelta dai popoli del passato, perché domina una visione strategica che va

 dal Fiume Platani al Fiume Belice e una vista del mare fino all' Isola di Pantelleria.


Dall' alto del Pizzo Kratas (949 metri slm), sovrastante il centro urbano, si vedono direttamente più di 24 paesi,

 molte vallate e montagne delle provincie di Agrigento, Trapani, Palermo, Caltanissetta, Enna,

 e, con il cielo sgombro, persino il fumo del vulcano Etna nei pressi di Catania.

 Le grotte, i resti di tanti villaggi rupestri e le numerose necropoli che la circondano, riportano le sue origini alla Preistoria,

 alla Protostoria e dell'Età del Bronzo dei Sikàni,

 

   

   

Necropoli preistoriche

 l'antico popolo di origine orientale che portò la coltivazione del grano e dell'ulivo in Sicilia.


L'analisi della toponomastica, fatta dal glottologo prof. Enrico Caltagirone,

e recenti ritrovamenti archeoastronomici su queste montagne,

 attestano che durante l'Epoca Sicana qui si formò un insediamento che ci ricorda la città di Ìnico del re Còcalo e

della mitica fortezza di Càmico, costruita da Dedalo sul Monte Gogàla, proprio dove oggi è ubicata  la Cattedrale.

 Inoltre, nuove recentissime ricerche, mi hanno portato a localizzare nel territorio più di 60 palmenti di vino e di olio,

di ogni epoca (dall'età del Rame all'età del Bronzo, dal periodo greco-romano, al Medioevo, al recente passato),

 avvalorando ancor di più la tesi già esposta dello storico Luciano Rizzuti,

 che l'attuale Caltabellotta era l'antica Ìnico, la città del vino.

 Fiorente città sicàna, in epoca greco-romana, come ci ricorda lo storico Diodoro Siculo,

 cambiò il nome in Triòkala, Tre Cose Belle:

 roccaforte inespugnabile, abbondanza di acque, fertilità del suolo, specialmente coltivato a vite e ulivi.

 Durante la Seconda Guerra Servile, 104-99 a.C.,

gli schiavi di tutta la Sicilia la scelsero come roccaforte per la rivolta contro il colonialismo di Roma.

 Agli inizi dell'Era Cristiana divenne con S. Pellegrino una delle prime sedi vescovili della Sicilia.

Sul monte Gogala, lì dove c'erano le antiche rovine del tempio sicano, fu edificata una chiesa.

Con l'arrivo degli Arabi (839 d.C.), Triocala diventò Qal'at al-Ballūt, cioè Fortezza delle Querce, oggi Caltabellotta

e il luogo di culto cristiano fu trasformato in moschea.


Nel XII secolo, con l'arrivo dei Normanni, questo luogo da sempre sacro, fu trasformato nell'attuale Cattedrale.

 

I- Castelli di Sicilia, il primo dei quali è Caltabellotta
II- Enrico VI riceve i messi di Palermo alla Favara di Caltaellotta.
La Regina Sibilla nel Castello di Caltabellotta
III- Ingresso di Enrico VI a Palermo
Miniatura del 1195
(dal Poema di Pietro da Eboli, Edizione Istituto Storico Italiano)

Così parla di Guglelmo III:
"Poiché il profugo regolo lasciò la Città nostra (Palermo).
Caltabellotta alimenta questa radice di serpente"
"Hen profugus nostram dimisit regulus
urbem radicem Caltabellottus alit".
E rappresenta Sibilla nella solitudine triste della stanza,
prorompere in lamenti e
pregare gli apostoli Pietro e Paolo, che non l'ascoltano.

Nella fortezza arabo-normanna (castello) nel 1194 vi si rifugiarono la Regina Sibilla,

 le figlie e il figlioletto Guglielmo III, ultimo re normanno di Sicilia,

 ma Enrico VI di Svevia, con l'inganno, li catturò e gli usurpò il potere.

 Altro celebre avvenimento svoltosi nel Castello di Caltabellotta,

 furono le feste tenute nel 1270 per onorare il ritorno della crociata,

 guidata da Luigi, re di Francia, e da Guido D'Ampierre,  conte di Fiandra.

 Per l'occasione si tenne un sontuoso banchetto al quale parteciparono numerosi nobili

e che fu rallegrato dal canto dei menestrelli tra i quali

il più famoso Adam Le Roi (il re dei menestrelli).

Agli Svevi subentrarono in seguito gli Angioini.

 Nel 1282 scoppiò in Sicilia la Guerra del Vespro e dopo 20 anni di cruente lotte,

 il 24 agosto 1302 Angioini e Aragonesi s'incontrarono in  questo paese

 e vi sancirono quella che da tutti i libri di storia

viene annoverata come la “Pace di Caltabellotta”.


Nel 1334 diventò contea (Peralta, Luna, Moncada, Toledo)

 e fino al 1492 fu uno dei centri più fiorenti e ricchi degli Ebrei di Sicilia.

In questo periodo vi nacque Samuel Bulfarachio,

 ebreo converso col nome di Guglielmo Raimondo Moncada

e conosciuto dagli studiosi di tutto il mondo col nome di Flavio Mitridate;

egli fu pupillo personale del papa Sisto IV e uno dei più eruditi studiosi dell'Umanesimo Italiano.


Il 23 aprile del 1787, durante il suo Viaggio in Sicilia,

 il massimo poeta tedesco Johann Wolfgang von Goethe,

 nell'attraversare questo territorio, annotava nel suo diario:

 "Ma la fantastica posizione di Caltabellotta annidata sulla rocca".

 In questo periodo incomincia a svilupparsi

al di là del Fiume Caltabellotta (oggi Fiume Verdura)

un nuovo centro agricolo, che nel 1636 venne chiamato Ribera

dal principe Luigi Guglielmo  Moncada, Conte di Caltabellotta.

  Il paese perde centralità, pur restando un centro agricolo-pastorale

 importante per la coltivazione e la produzione di frumento, orzo, avena, fave, ceci,

 sulla, carrube, mandorle, fichi e dell'allevamento di pecore, capre, bovini, asini, cavalli e muli.


Dopo l'annessione della Sicilia all'Italia, Caltabellotta diventa sempre più povera e,

assieme a tutti i paesi del circondario fino a Palermo, partecipa ai Fasci dei Lavoratori Siciliani,

 primo movimento di protesa a carattere socialista del Mondo,

 represso ironia della sorte da Francesco Crispi, allora Presidente del Consiglio a Roma,

nato nella vicina Ribera da padre di Palazzo Adriano e madre originaria di Caltabellotta.

Da questo momento il suo particolare territorio diventa nascondiglio per briganti che,

 per fame e rabbia, si ribellano dandosi alla macchia.


Nel Secondo Dopoguerra del secolo scorso si assiste a una massiccia emigrazione

 verso alcuni paesi delle Americhe, dell'Australia,  del Nord Europa e del Nord Italia

 e il paese perde quasi la metà dei suoi abitanti.

Nonostante ciò resta un borgo bellissimo,

 tanto che 2015 il motore di ricerca turistica 'Scyscanner Ltd' lo definisce

 “Uno dei 20 paesi più belli d’Italia”.


Nel 2022 Caltabellotta si dota di un Museo Archeologico,

 i cui reperti dimostrano la sua storia millenaria.


(Vincenzo Carmelo Mulè)

 

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